All’inizio del 1900 le miniere di Cogne e quelle di La Thuile erano abbandonate e sull’area dove sorge oggi l’acciaieria si vedeva solo una grande tappeto verde1.
Umberto Janin Rivolin, La fabbrica sulla frontiera, in Luigi Mazza, Esercizi di piano. L’area industriale Cogne ad Aosta, Franco Angeli, Milano 2002, pag. 26 – versione digitale disponibile qui[↩]
Nel 1854 la società Lasagno che gestiva gli altiforni di Villeneuve e Gignod cominciò lo sfruttamento del nuovo filone di magnetite ad Arsine di Cogne.
Il castello di Cly, a partire almeno dal XIV secolo, era dotato di acqua corrente. Circa seicento metri di tubi di legno incastrati l’uno nell’altro portavano l’acqua dalla sorgente posta sul fianco della valle al cocuzzolo dove sorge il castello tramite un sifone profondo una ventina di metri1.
Di conti della castellania di Cly pubblicati da Ezio Gerbore2 risulta che nel 1378 vennero scavate trecento tese di fossato “trecentum teysarum fossatorum factorum pro fonte conducendo in castro domini Cly” per la posa dei bornelli ricavati da cinquecento tronchi di pino silvestre “quingentorum tronczonorum deysie pro faciendo bornellos ad ducendum aquam”
Post del 17.03.2021 ultimo aggiornamento 26.09.2021
Ezio Gerbore, Quelques particularités sur l’utilisation des eaux dans le moyen age valdotain, Saint-Nicolas, 2001, versione digitale disponibile qui[↩]
Ezio Gerbore, Bruno Orlandoni, Il Castello di Cly, Le Chateau Edizioni, Aosta 1998, ISBN 88-87214-13-1, pag. 73 e segg.[↩]
Almeno una volta la costruzione di un ru non riuscì al primo colpo. Scrive Ezio Emerico Gerbore che nel 1459 il conte Giacomo di Challant accusò i costruttori del Ru Courtaud di aver travalicato la concessione fatta nel 1393 da Ebalo di Challant e di aver edificato due canali al posto dell’unico autorizzato.
In Valle d’Aosta è possibile toccare con mano l’evoluzione che c’è stata nella gestione del fuoco, dalla tecnica più primitiva del focolare aperto a quella più moderna della stufa ad accumulo.
La prima coppia di lupi si è riprodotta nel Parco Nazionale del Gran Paradiso nel 2007. I lupi provenivano da due branchi differenti delle Alpi cuneesi, erano probabilmente risaliti lungo il versante francese delle Alpi ed il Vallese svizzero per poi entrare nella Valle d’Aosta dal Gran San Bernardo. La specie tornava in Valle d’Aosta dopo circa un secolo e mezzo d’assenza: uno degli ultimi lupi valdostani venne abbattuto nel 1862 in Valsavarenche.
La prima notte da resistente venne passata dal comandante Bert, il tenente Andrea Pautasso, nel villaggio di Campleval di mezzo, ospite di una signora di modeste condizioni economiche ma ricca di spirito. Il comandante Bert ne ha lasciato traccia nel suo diario ricordandola con rispetto e riconoscenza, dalle sue righe emerge la sorpresa nello scoprire le condizioni di vita dei contadini valdostani nel 1943. Continua la lettura di La Signora di Champleval→
L’abbé Henry1 spiega come si diventava guardia forestale nel 1228 precisando che in questo atto tra Bonifacio di Valperga vescovo di Aosta e Jacques de la Porte de Saint-Ours è contenuto il più antico riferimento alle guardie forestali della Valle d’Aosta: “… il popolo avendo dato il suo consenso, si eleggeva di comune accordo una guardia forestale, la quale prima di tutto giurava di esercitare rettamente il suo ufficio. La guardia forestale doveva essere creduta sulla parola, quando accusava un contravventore”. L’ultimo concorso per 7 agenti del Corpo forestale della Valle d’Aosta è stato bandito nel 2011 ed è costato quasi 25 000 euro2.
Joseph-Marie Henry, Histoire populaire, religieuse et civile de la Vallée d’Aoste, Société éditrice valdôtaine (Imprimerie catholique), Aosta, 1929, pag. 99, versione digitale disponibile qui[↩]