Tra il 1152 ed il 1153 Nikulás Bergsson o Hallbjarnarson abate del monastero islandese di Munkaþverá percorse la Via Francigena durante il pellegrinaggio che lo condusse dall’Islanda a Gerusalemme.
Come risulta in una nota riportata nel manoscritto “L’abate Nicola (Nikulás) ebbe fama di uomo saggio, di buona memoria e assai erudito, attento e veritiero”.
Raccolse le sue impressioni di viaggio nel Leiðarvísir (l’itinerario) un’opera ben più corposa delle note sintetiche lasciate da Sigerìco circa 150 anni prima.
Purtroppo nel tratto valdostano della Via Francigena non vi è traccia dell’interessante apprezzamento che rivolge alle gentildonne di Siena “una bella città … qui ci sono le donne più avvenenti”.
Riporto alcuni stralci della traduzione italiana del Prof. Fabrizio D. Raschellà: “Italìa è il nome del paese situato a sud di quella catena montuosa che la gente chiama Mundìa (Alpi). … A sud del Gran San Bernardo c’è Prælaporp (Etroubles).
Poi c’è Augusta, una bella città, dove c’è una sede vescovile, presso la chiesa di Sant’Orso; è qui che egli riposa.
Quindi c’è Marteinskamrar (Pont Saint Martin?). Dopo viene Jöfurey (Ivrea): due giorni di viaggio la separano da Aosta.
Poi c’è un giorno di viaggio per arrivare a Vercelli; lì c’è una sede vescovile presso la chiesa di S. Eusebio; è lì che egli riposa. Quindi, a oriente della via che porta a Roma, c’è un giorno di viaggio per Mélansborg (Milano).
Se invece si procede sulla via diretta per Roma, c’è un giorno di viaggio per arrivare a Papey (Pavia); lì c’è un seggio imperiale, presso la chiesa di S. Siro; è lì che egli riposa. Qui si formò San Martino vescovo ed è qui che egli ha una delle sue chiese principali.
Poi c’è un giorno di viaggio fino a Plazinza (Piacenza); qui c’è una sede vescovile, presso la chiesa di S. Maria. Fra Pavia e Piacenza passa un grande fiume che si chiama Padus (Po). Quindi si giunge alla strada di coloro che hanno percorso la via di St. Gilles.
Da Piacenza, verso sud, c’è un giorno di viaggio per Domnaborg (Borgo San Donnino). A metà strada si trova l’ospizio di Erik.
Poi c’è un fiume che si chiama Tàr (Taro); è un corso d’acqua copioso e limpido, e non s’inquina mai, né s’intorbida, perché qualsiasi impurità o immondezza che vi viene gettata precipita sul fondo. lì, a sud, c’è Tàrsborg (Borgo Val di Taro). Quindi bisogna attraversare un monte che si chiama Munbaro (Monte Bardone).”
Fabrizio D. Raschellà: “Itinerari italiani in una miscellanea geografica islandese del XII secolo”, Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli – Filologia Germanica 28-29 (1985-86): Studi in onore di Gemma Manganella, pp. 541-584; versione digitale disponibile a questo indirizzo: http://www.academia.edu/21568724/Itinerari_italiani_in_una_miscellanea_geografica_islandese_del_XII_secolo_Italian_Routes_in_a_Twelfth-Century_Icelandic_Geographical_Miscellany_1985-1986_.