Il Ru d’Arlaz scorre a cielo aperto tra due argini di cemento dall’opera di presa sul torrente Evançon al Col d’Arlaz. La sterrata di servizio ha una pendenza ridotta e si presta ad essere percorsa in bicicletta. La varietà del paesaggio, la ricchezza della flora e la cura profusa nella gestione dell’itinerario rendono questa escursione una delle più piacevoli della Val d’Ayas.
Accesso
Dall’uscita autostradale di Verrès seguire le indicazioni per la Val d’Ayas e un centinaio di metri dopo l’attraversamento delle condotte forzate girare a sinistra per Abaz e Montjovet. Proseguire lungo la strada per Montjovet fino al grande piazzale del Col d’Arlaz.
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Lunghezza itinerario: 9 km circa
Quota parcheggio: 1030 m
Quota presa: 1198 m
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Dislivello: 200 m circa
In bici: consigliato
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Dal grande piazzale del Col d’Arlaz la vista è straordinaria, si vede l’inizio della Valtournenche e le montagne più importanti della bassa Val d’Ayas.
Il Ru d’Arlaz arriva al colle tra due argini in cemento, lo affianca la pista di servizio che alla partenza sembra puntare diritta verso la lontana Becca Torché, 3015 di quota, con la Becca Chalex a destra e la Becca Morteuil/Mortens a sinistra. Poi la strada curva ed entra in mezzo ad un bel bosco misto di latifoglie e conifere.
Nascosta tra gli alberi si trova una curiosa formazione geologica chiamata Flambeau d’Arlaz, la fiaccola di Arlaz, che in età classica avrebbero dedicato a Priapo, il dio romano della fertilità.
Si sente in lontananza il rombo della cascata, nei pressi della parete rocciosa l’alveo del ru è protetto da robuste travi d’acciaio per evitare che la caduta di massi lo danneggi. Le minuscole gocce d’acqua che le brezza porta dalla cascata rinfrescano i passanti nelle calde giornate estive e rendono scivolose le pietre che rivestono la strada, le persone più caute possono utilizzare il robusto steccato di legno come mancorrente.
Lungo una delle passeggiate più frequentate della Valle d’Ayas abbondano in cartelli informativi: ve ne sono sulle curiosità botaniche, sul ru, sui nomi delle montagne circostanti. All’incrocio con il sentiero che scende a Châtillonet, castelluccio in lingua italiana, una cartello dalla precisione svizzera informa che ci si trova a 2 minuti esatti dalla cascata d’Arlaz.
Un sottopasso permette di superare le tre condotte forzate che alimentano la centrale di Isollaz dopo un salto di 600 metri. Nei grandi tubi d’acciaio scorrono le acque del torrente Evançon derivate dal laghetto di Brusson, fino a 8200 litri al secondo.
Per duecento metri il ru scorre ancora in alveo naturale. I ruscello si allontana dalla sterrata di servizio subito dopo le condotte forzate ed è possibile seguire il suo corso fin sopra la cascata lungo il sentiero un tempo percorso dai guardiani delle acque.
Si incontra lungo il ru l’opera di un autentico artista della motosega: scavando un tronco biforcuto un signore geniale è riuscito ad alimentare contemporaneamente due fontanili in legno per abbeverare il bestiame. Purtroppo il legno esposto alle intemperie si degrada in fretta e l’opera d’arte dopo neppure 10 anni di vitaè già gravemente danneggiata. La presenza di fontanili è segno che ci avvicina ad un’area abitata, in pochi minuti si arriva al villaggio di Orebeillaz che il Ru d’Arlaz attraversa intubato sotto la strada principale. Si passa a fianco della chiesetta e all’altra estremità del villaggio si gira a sinistra seguendo le indicazioni per la pista della salute.
Il ru in questo punto è largo quasi un metro e mezzo e profondo sessanta centimetri, la lama d’acqua spesso non è più alta di una spanna. Tra i pascoli crescono alcuni alberi da frutto: noci, castagni, un grosso ciliegio e molte piante di nocciolo. Tra i pascoli spiccano i fiori azzurri della salvia dei prati (Salvia pratensis) e quelli rosa del garofano dei certosini (Dianthus carthusianorum).
Si incontra un cartello di presentazione del percorso Policrosalus: un circuito studiato da un docente universitario di Firenze che si propone, con una serie di esercizi fisici (poli), di intensità crescente con il variare cromatico (cro), di mantenere in salute (salus) chi lo pratica. Gli attrezzi ginnici hanno trasformato questo tratto del Ru d’Arlaz in una simpatica palestra all’aperto.
Betulle e pioppi tremuli ombreggiano la strada, ogni tanto si incontrano cespugli di more che offrono i loro frutti dolcissimi a chi ha il coraggio di sfidare spine e rami intricati. Dopo il bivio per la miniera di Bechaz si passa ai piedi di una fascia rocciosa dove la vista si apre: un cartello illustra le principali costruzioni che il medioevo ha lasciato nella valle: i castelli di Graines, Villa e la torre Bonod.
All’uscita di una macchia di conifere, ai piedi di un grande castagno, si trova un’area di sosta con tavolo da picnic, panchine e un sacco di attrezzi Policrosalus. Sopra il villaggio di Torrettaz il ru scompare un breve tratto coperto da lastre di cemento poi torna alla luce del sole in corrispondenza di una bella macchia di epilobi (Epilobium angustifolium) dalle vistose infiorescenze rosa.
Una panchina invita ad una pausa al belvedere sul castello di Graines, dietro la panchina parte il secondo sentiero per la miniera di Bechaz e poco lontano si incontrano le paratoie in metallo che regolano la distribuzione dell’acqua.
Poco prima di arrivare ad Arcesaz, sotto la sterrata scorre in alveo naturale il Ru Herbal, purtroppo il sentiero che percorreva il guardiano delle acque è invaso dalla vegetazione. Basterebbe un piccolo intervento di bonifica ambientale per trasformare l’attuale percorso di guerra riservato agli escursionisti esperti in una piacevolissima passeggiata alla portata di tutti.
All’altezza di Arcesaz la sterrata si restringe e i veicoli agricoli, le bici e i pedoni transitano direttamente sopra l’aveo del ru che è coperto da robuste travi di legno. Una panchina invita ad una attimo di pausa nell’ombra quieta del bosco, cullati dal mormorio della corrente.
A maggio le pigne immature di abete (Picea abies) punteggiano di porpora il verde intenso della foresta che arriva fin sugli argini del canale.
Vicino all’opera di presa una grande parete rocciosa incombe sul fondovalle, ad uno sguardo attento non sfugge una struttura metallica squadrata appesa sullo strapiombo: è la miniera d’oro di Chamousira aperta al pubblico nel 2016.
Da questa prospettiva il castello di Graines con il suo mastio ancora intatto e cappella ridotta a rudere sembra un’isola galleggiante su un mare di piante. La sterrata termina all’altezza del dissabbiatore che è coperto da una fitta griglia metallica. Il sentiero prosegue sulle travi di legno posate sull’alveo. Un cartello ricorda che due persone erano incaricate di vigilare sulla regolare distribuzione dei seicento litri al secondo che il Ru d’Arlaz deriva dal torrente Evançon.
Il rombo dell’acqua riempie la gola dove scorre il torrente, un piccolo sbarramento convoglia l’acqua che entra in pressione tra la roccia e cemento per iniziare il lungo viaggio fino al Col d’Arlaz.
Curiosità
Dalla miniera di Bechaz, secondo Giancarlo Cesti, è stata estratta pirite aurifera dalla fine del 1500 fino a metà del 1900. Il minerale estratto dai 13 filoni paralleli di quarzo veniva portato a valle con una teleferica e lavorato nell’impianto di Torrettaz. L’energia era fornita da una centrale idroelettrica che utilizzava le acque del Torrente Evançon.
Uno dei rami del Ru d’Arlaz scorre ancora in alveo naturale e incontra le opere di land art di Marco Della Valle. Click o tap qui per saperne di più.
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Post del 5.06.2020 ultimo aggiornamento 26.11.2020