Il Becquet di Tarabouc

La cappella di San Bernardo a Tarabouc di Cogne - Foto cortesia di Giovanni Venturini.
La cappella di San Bernardo a Tarabouc di Cogne – Foto cortesia di Giovanni Venturini.

Nel 1854 la società Lasagno che gestiva gli altiforni di Villeneuve e Gignod cominciò lo sfruttamento del nuovo filone di magnetite ad Arsine di Cogne.

Scrive l’abbé Henry1 che “I cogneins, furiosi della presa di possesso di una miniera di Cogne da parte di stranieri giurarono di vendicarsi. Dopo aver combinato il colpo in una cantina di La Veulla i congiurati si diressero di notte al filone dell’Arsina; là raccolsero tutte le slitte che poterono trovare, le ammucchiarono, le innaffiarono di petrolio e ci misero fuoco; ritirandosi distrussero anche un lungo pezzo di strada nel tratto più pericoloso; l’incendio fu subito visto dal capoluogo ma nessuno di mosse, solo alcuni agenti della società corsero verso il fuoco me essendo la strada tagliata furono obbligati a retrocedere“.

Il masso attraversato dal Ru de Tarabouc - foto di Gian Mario Navillod.
Il masso attraversato dal Ru de Tarabouc – foto di Gian Mario Navillod.

Ad Aosta si pensò ad una rivolta, si mandarono a Cogne tutti i carabinieri disponibili e due compagnie di bersaglieri. Il giudice istruttore interrogò metà Gimillan e le persone più in vista del capoluogo, tutti indicarono come autore del crimine il Becquet di Tarabouc. Il giudice istruttore che non capiva il dialetto e non sapeva nulla di storia locale credette che questo Becquet di Tarabouc fosse un uomo, prese una guida e seguito da carabinieri e bersaglieri arrivò alla cappella, la fece circondare, si sfondò la porta e…

La guida fece segno di avanzare fino all’altare, poi indicando il piccolo diavolo nero ai piedi di San Bernardo di Mentone disse: “Ecco il Becquet di Tarabouc“. Il giudice capì di essere stato gabbato, un’ora dopo lui e la truppa lasciarono Cogne, di cercare i colpevoli non fu più questione. I cogneins ridono ancora di questo divertente episodio.

  1. Joseph-Marie Henry, Histoire populaire, religieuse et civile de la Vallée d’Aoste, Société éditrice valdôtaine (Imprimerie catholique), Aosta, 1929, pag. 337, libera traduzione di Gian Mario Navillod – versione digitale disponibile qui[]