Il Ru de Vuillen/Vullien, detto anche Ru Chaffières, deriva le acque del Torrente de la Belle Combe a circa 2200 di quota. Dall’opera di presa scorre in una tubazione a pressione fin sopra l’Arp du Jeu e poi a cielo aperto fino all’Alpe Chantel.
Il vecchio alveo abbandonato presenta tratti esposti e soggetti alla caduta massi. In alcuni punti è necessario usare le mani per conservare l’equilibrio o farsi strada tra erbe alte e piccoli pantani. Un itinerario riservato agli escursionisti esperti, consci del pericolo e alla ricerca di emozioni forti.
Accesso.
Dall’uscita autostradale di Aosta Est seguire le indicazione per il traforo del Gran San Bernardo, superare il comune di Saint Oyen e subito dopo il viadotto Dardanelli girare a destra per Saint-Rhemy, ancora a destra per le frazioni alte e proseguire lungo la strada per l’Arp de Jeu fino a raggiungere il grande parcheggio dove finisce la strada.
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Lunghezza: 5.5 km circa
Quota partenza: 2000 m circa
Quota arrivo: 2200 m circa
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Dislivello: 200 m circa
In bici: sconsigliato.
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Dopo aver lasciato l’auto nel grande parcheggio si prosegue lungo la sterrata verso gli impianti di risalita, il vecchio alveo del ru si trova una cinquantina di metri sopra l’arrivo della seggiovia. Per raggiungerlo appena occorre girare a destra subito prima di un piccolo chalet, seguire per una cinquantina di metri la pista di sci e poi salire dritti in direzione della vasca nella quale scarica la tubazione in pressione del ru.
Il vecchio alveo è ancora ben visibile anche se le erbe alte e alcuni cespugli cominciano a coprirlo. Per il momento il bosco si tiene ancora lontano da ru, occorrerà un po’ di tempo prima che gli alberi riempiano lo spazio dove un tempo scorreva l’acqua.
La pista di sci ne ha tagliato una tratto, per proseguire occorre scendere la scarpata e passare sotto le reti di protezione. Poco più avanti un oratorio ed una targa ricordano che nel 1950 il Ru Chaffières, chiamato anche Ru de Vuillen/Vullien, fu rimesso in funzione dopo più di tre secoli di abbandono.
Si attraversa il primo dei tanti valloncelli che precipitano verso il fondovalle camminando sull’argine abbandonato, un muro massiccio di pietre e cemento che comincia a presentare alcune crepe. Una marmotta profitta della bella giornata per prendere un po’ di sole dopo aver fatto colazione con i boccioli dei fiori di montagna.
In estate nelle aree umide si scopre lo spettacolo straordinario della fioritura delle orchidee. Decine e decine di corolle in tutte le gradazioni di colori dal bianco al fucsia, dal porpora al rosso intenso. Quando la pendenza si addolcisce gli argini in terra del ru diventano più alti; è una conseguenza della gestione dei ru in alveo naturale, quando la corrente rallenta, si depositano sul fondo sabbie e limi trasportati in sospensione, durante le corvée questi materiali sono tolti dal ru e gettati sull’argine a valle che con il passare del tempo diventa sempre più alto e massiccio.
Si sfiora la sterrata di servizio agli alpeggi camminando rilassati tra la flora alpina poi il pendio diventa più ripido, si attraversa una pietraia tagliata da una trincea costruita con pietre e cemento per far passare l’acqua del ru e si supera il tratto dove il sentiero si riduce ad una traccia esile lungo il pendio franoso.
In questo punto il ru scorreva in cassoni metallici che a causa di una frana lentissima sono scivolati verso verso il basso con tutto il fianco della montagna. Se si immettesse acqua in questo punto scorrerebbe al contrario, verso l’opera di presa. Poco più avanti si lascia sulla destra il ponte canale di cemento che permetteva al Ru d’Alp Vuillen di superare il Ru de Vuillen senza far incontrare le loro acque.
Dove il terreno è meno sassoso prosperano gli epilobi, con i primi geli gli steli diventano rossi come ciliegie e il vento trasporta lontano i sottili fili bianchi che fanno da paracadute ai semi. All’improvviso dietro ad una curva appare la Tsa de Merdeux, l’alpeggio dove finisce la sterrata e più in alto il tetto azzurro del Rifugio Frassati. Si domina il fondovalle circondati dalle montagne che chiudono il vallone. Si vede in lontananza l’alpeggio di Moindaz stretto tra l’Altavia 1 e le balze rocciose che precipitano sul torrente di Belle Combe. L’argine a valle è foderato da lastre di pietra che riducono l’erosione e le infiltrazioni. Dove il pendio si fa più ripido ed affiorano alcuni banchi di calcare l’argine a valle è in muratura, largo un paio di spanne. Facendosi largo tra gli epilobi rigogliosissimi si supera il torrente di Thoules e si affronta l’ultimo tratto delicato dell’itinerario.
Una placca molto inclinata di roccia coperta da qualche zolla di terra che il ru superava grazie ad alcuni tubi di cemento. È un tratto di scarso interesse, è possibile evitarlo percorrendo la sterrata che porta all’Alpe Merdeux per circa un chilometro fino ad un torrentello dove la pista ed il vecchio alveo si incontrano.
Qui si lascia la sterrata e si prosegue camminando su una bella pista coperta d’erba per poco meno di un chilometro, si attraversano alcuni corsi d’acqua poi a poca distanza dal dissabbiatore si arriva all’opera di presa sul Torrente de la Belle Combe.
Curiosità.
Belle Combe si può tradurre in italiano come bella valle, l’ultimo alpeggio che si raggiunge con la sterrata, la Tza de Merdeux, suona in italiano come come “l’alpeggio più alto dei merdosi”.
Ad un’oretta di cammino dall’opera di presa di trova il Rifugio Frassati, costruito e gestito da volontari che sostengono lo sviluppo sostenibile delle popolazioni più svantaggiate. Ci si può arrivare su tracce di sentiero che attraversano i pascoli in direzione nord-est fino a raggiungere il sentiero dove passa l’Altavia 1.
Un bell’articolo di Frédéric Bondaz pubblicato sul Lo Flambò n. 2241 spiega l’origine del curioso toponimo Merdeux (Merdoso/Merdosi). L’autore si mette nei panni degli abitanti del luogo chiedendosi: che nome dare ad una bella valle, ricca di sorgenti? Mère-d’eau, che si pronuncia in italiano merdò e significa madre delle acque. Ed effettivamente il toponimo Merdau che ha un’identica pronuncia compare in una carta di metà settecento. Molto più tardi, nella carta 1:25’000 dell’IGM Merdau si trasforma in Merdeux e tale rimane nella CTR regionale del 20052. L’autore spiega l’origine di altri toponimi: in dialetto fenetra è una passaggio stretto tra due valloni, col una passaggio largo, baassa un passaggio molto largo e poco marcato su una cresta.
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Post del 16.04.2020 ultimo aggiornamento 28.04.2020