Il sacerdote Jean-Martin-Félix Orsières, canonico della Cattedrale di Aosta e dottore in diritto, nel suo Historique du Pays d’Aoste1 pubblicato nel 1839 scrive che nel maggio 1800, per una mezz’oretta, Napoleone Bonaparte fu in balia di un drappello di soldati austriaci al Col di Joux.
Che quella che è tramandata come una leggenda abbia un fondo di verità? In attesa di maggiori approfondimenti ecco la versione dei fatti dal canonico, liberamente tradotta in italiano.
“Mi limiterò, terminando, a segnalare l’arrivo in questa città [Aosta NdT] di Bonaparte, primo console. Questo capo della Repubblica Francese, avendo attraversato il Gran San Bernardo con l’armata di riserva, arrivò in città il 20 maggio 1800. Vi soggiornò alcuni giorni, e alloggiò al vescovado. Il 23 maggio ne partì e si recò, accompagnato da cinque generali e da due guide, fino alle alture del comune di Saint-Vincent, vicino al bosco di Joux per trovare un passaggio che potesse fargli evitare il forte di Bard.
Arrivato in quel luogo è assai sorpreso nel trovarvi un tenente austriaco, il Signor de Breux, con numerosi soldati ai suoi ordini, che era arrivato dalla Valsézia [sic] per raccogliere alcune informazioni sull’armata francese. I soldati austriaci vedendo un generale francese in abito grigio, cappello bordato d’oro, ma senza pennacchio, il quale a cavallo precedeva i cinque altri che l’accompagnavano e che conducevano il loro cavalli per le briglie, sospettano qualche trucco, puntano i loro fucili e vorrebbero sparare. Il loro tenente lo proibisce preferendo, dice loro, trarre sana e salva questa ricca e gloriosa preda. Il generale vestito di grigio (Napoleone) appena li vide gridò con aria sorpresa: ecco gli Austriaci! Gli Austriaci sono qui! Le due guide puntando i loro fucili gridano: Chi va la? Napoleone proibendo loro di sparare si rivolge al tenente austriaco e gli dice: Chi siete? Cosa fate qui? Da dove siete venuto? Qual è la forza del vostro distaccamento, il nome del vostro reggimento, quello del vostro generale, la posizione del vostro corpo? E diverse altre domande alle quali il tenente risponde secondo ciò che ritiene opportuno.
Questa conversazione durava già da quasi una mezz’ora ed era stata più volte interrotta dai soldati austriaci che chiedevano al loro capo se non era ora di portare via la preda: ma all’improvviso, il primo console, che era già stato riconosciuto, dice a questo ufficiale con tono glaciale: Fin’ora, Signore, ero vostro prigioniero e ora siete il mio, ma state tranquillo, mi prenderò cura di voi e dei vostri(1). L’ufficiale si accorse nello stesso istante che era circondato dai granatieri francesi che avevano preso un’altra strada per arrivare nei pressi; il primo console gli lasciò le armi e gli disse, lasciandolo: Questa sera dormirete a Châtillon e domani cenerete con me ad Aosta; e così avvenne. L’ufficiale gli chiese il permesso di tornare a casa: Bonaparte gli rispose che aveva intenzione di lasciarlo andare senza scambio; [di prigionieri NdT] e gli fece dare dal suo aiutante di campo Duroc un passaporto per andare a Parigi con uno dei suoi soldati prigionieri a fargli da attendente e una lettera per il Ministro di Polizia generale. Arrivò a Losanna il 29 maggio.
Alla domanda che si fece a quell’ufficiale su come aveva potuto mancare una così bella occasione di far prigioniero il primo console della Repubblica Francese nelle mani del quale si trovavano in quel momento i destini di tutta la Repubblica e del mondo intero rispose innocentemente: Non lo so nemmeno io; ci sono dei momenti nella vita nei quali ci si trova così storditi, così ciechi che non si sa ciò che si fa. D’altronde non l’ho riconosciuto come il generalissimo, con il suo vestito grigio e il suo cappello senza pennacchio, ed ero lontano dall’immaginare che l’avrei incontrato quasi solo su quelle orribili rocce, io che lo credevo così lontano con la sua armata. È vero che a volte, durante la nostra conversazione, mi sembrava di scorgere qualche somiglianza tra il suo viso e il ritratto di Bonaparte che si trova nella maggior parte delle case italiane, ma non potevamo concepire, malgrado le voci, che osasse azzardarsi a passare il Gran San Bernardo in questa stagione terribile con un’armata e soprattutto un’artiglieria che ho visto attraversare questa montagna su strade nelle quali le difficoltà superano ogni immaginazione. Così contavo di raggiungere Châtillon e la città di Aosta senza incontrare nessun francese. Del resto ero così tormentato dalla fatica e dalle fame, non avendo mangiato in cinque giorni che qualche patata e qualche pezzo di un pessimo pane che trovavo qua e là da poveri contadini, che non avevo più né forza né energia, come i miei soldati, e che provavo addirittura una sorta di piacere segreto pensando che sarei stato fatto prigioniero al primo istante nel quale vidi quei generali francesi che credetti in un primo momento seguiti dalla loro armata. Gli si chiese cosa avrebbe fatto se avesse saputo che parlava a Bonaparte. Oh! allora, vedendo che nessuna truppa mi inseguiva, rispose, avrei raccolto tutte le mie forze, avrei rianimato i miei soldati, l’avrei preso con la sua piccola scorta, trattato con tutto il riguardo possibile, e probabilmente sarei stato così fortunato da condurlo al mio corpo, perché conoscendo già queste strade dove potevo essere sostenuto dai contadini, avevo in più una mezz’ora di vantaggio sui granatieri francesi che alla ricerca del loro capo avrebbero difficilmente potuto trovare qualche traccia sulla strada che avrei preso con lui.
(1) Conosco questi dettagli grazie al Signor Laurent, funzionario in pensione, rispettabile ottuagenario la cui devozione alla dinastia sabauda non è mai stata smentita. Era allora membro del Consiglio Comunale di questa città, ebbe occasione di parlare più volte a Napoleone, e vide persino il tenente austriaco fatto prigioniero dal primo Console. Questi stessi dettagli furono pubblicati nei giornali svizzeri).”
Il generale Antonio Francesco Olivero che ha diretto la ricostruzione del Forte di Bard nella sua relazione sull’assedio di Bard (1830-1838)2 riporta lo stesso episodio in maniera più sintetica e indica un nome diverso per l’ufficiale austriaco.
Napoleone “arrivato a Saint-Vincent il 25, salì al col di Jou(1), da dove poté osservare distintamente il colle della Ranzola, il più praticabile di tutti quelli che si trovano sulla destra di Bard; ma giudicò questa deviazione troppo lunga per il trasporto dei grandi cannoni e dei carri; dovette rinunciarvi.
Si racconta (2) che in questa circostanza, il Primo Console rischiò di essere fatto prigioniero da un distaccamento d’austriaci che teneva il Col di Jou [sic]; nessuno storico fa menzione di questi fatto; sembra d’altronde poco probabile che dopo la ritirata di Châtillon, gli austriaci non abbiano fatto concentrare i diversi distaccamenti; la presenza di questo che si pretende sia rimasto al Colle di Jou non potrebbe essere attribuita che ad una dimenticanza … sia ciò che sia, gli abitanti della Valle d’Aosta, e quelli di Saint-Vincent in particolare, affermano che il Primo Console essendo salito al Col di Jou, seguito da alcuni ufficiali, l’ufficiale austriaco chiamato Leclerc, originario del Brabante, che vi comandava un distaccamento del reggimento Kinski, avendoli riconosciuti come nemici, ordinò loro di consegnare le spade, senza sospettare però che si trovava tra di loro il generale Bonaparte; il Primo console non perdette il controllo a questa intimazione, e, chiacchierando tranquillamente con l’ufficiale austriaco diede il tempo di salire alla sua guardia consolare che seguiva a qualche passo di distanza; allora la scena cambiò, e il distaccamento austriaco, con l’ufficiale comandante, fu a sua volta circondato e fatto prigioniero.
(1) Carta di Dupont
(2) Testimonianze verbali”
La corrispondenza di Napoleone Bonaparte è datata:
- il 20 maggio alle 21:00 ad Etroubles3
- dal 21 al 25 maggio ad Aosta4
- Il bollettino dell’armata di riserva indica il futuro imperatore a Verrès il 26 maggio.
- La corrispondenza è datata il 27 maggio da Ivrea5.
Il bollettino dell’armata di riserva riporta che il 24 maggio la Legione Cisalpina forte di 2000 uomini e comandata dal generale Lechi è partita da Aosta ed ha passato la notte a Châtillon. Il 26 ha passato il Col Ranzola e ha preso posizione a Gressoney, il 27 ha passato il Col Valdobbia ed è arrivata a Riva Valdobbia6 in Valsesia facendo a ritroso l’itinerario percorso dal tenente De Breux.
- Jean-Martin-Félix Orsières, Historique du Pays d’Aoste, pag. 54 – versione digitale disponibile qui: https://cordela.regione.vda.it/pubblicazioni/Libri/Historique%20du%20Pays%20d%27Aoste/68/index.html#zoom=z[↩]
- pag. 142 versione digitale disponibile qui[↩]
- https://books.google.it/books?id=F2guAAAAMAAJ&hl=it&pg=PA301#v=onepage&q&f=false[↩]
- https://books.google.it/books?id=F2guAAAAMAAJ&hl=it&pg=PA302#v=onepage&q&f=false – https://books.google.it/books?id=F2guAAAAMAAJ&hl=it&pg=PA315#v=onepage&q&f=false[↩]
- https://books.google.it/books?id=F2guAAAAMAAJ&hl=it&pg=PA316#v=onepage&q&f=false[↩]
- https://books.google.it/books?id=F2guAAAAMAAJ&hl=it&pg=PA324#v=onepage&q&f=false[↩]