Così descrive Daniel Pennac gli alunni friandise: “Un élève friandise. C’est ainsi que, devenu professeur, j’appelais mes excellents élèves, ces perles rares, quand j’en trouvais un dans ma classe. Je les ai beaucoup aimés, mes élèves friandises ! Ils me reposaient des autres. Et me stimulaient. Celui qui pige le plus vite, répond le plus juste, et avec humour souvent, cet œil qui s’allume …”
Succede anche alle guide di accompagnare gli ospiti dolcetto, non nel senso enologico del termine ma in quello gastronomico. Con il loro ricordo nello zaino si cammina tutta una vita ed ogni tanto tra i libri della biblioteca sento l’eco della loro voce, quella di Cesare “... i ricordi di guerra in Albania per mio padre erano i più importanti di tutta la sua vita che pure è stata lunga e intensa” e quella del bimbi di *** con il maggiore che sostiene “Siamo ebrei perché nostra mamma è ebrea” e il minore che lo interrompe “No! io sono ateo” facendomi riandare all’autobiografia di Rita Levi Montalcini, premio Nobel nel 1986, che da bimba sosteneva di essere un libera pensatrice1 oppure lo sguardo acuto di Mark che a Chamois mi ha fatto scoprire le bannalità.
È l’occhio che si accende dei miei ospiti dolcetto che li rende perle rare. Grazie di esistere!
Post del 5.09.2022 ultimo aggiornamento 24.09.2022
- Rita Levi Montalcini, Elogio dell’imperfezione, Garzanti, 1990, ISBN 88-11-67470-0, pag. 28[↩]