Ru de Djouan

Lago Djouan di Valsavarenche - Foto di Gian Mario Navillod.
Lago Djouan di Valsavarenche – Foto di Gian Mario Navillod.

Il Ru de Djouan, con la presa a più di 2500 metri di quota, è il ru più alto della Valle d’Aosta.

Portava le acque da un laghetto alpino fino ai pascoli nei pressi della casa reale di caccia dell’Orvieille, la preferita da Re Vittorio Emanule II(1)Amé Gorret, Victor-Emmanuel sur les Alpes, F. Casanova Editeur, Turin 1879,  (pag. 64 – “De ce campement [Orvieille NdT] véritable capitale des chasses au bouquetin et séjour de prédilection de Victor-Emmanuel” – “Da questo accampamento [Orvieille NdT] vera e propria capitale delle cacce allo stambecco e soggiorno prediletto di Vittorio Emanuele”) – Versione digitale disponibile a questo indirizzo: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k871696t. Il Ru de Djouan aveva un particolarità unica: scorreva in un tubo latta sospeso alle pareti di roccia nel tratto centrale e coperto da lastre di pietra in quella iniziale.

Ru Djouan di Valsavarenche: il tubo di lamiera zincata e la copertura in pietra - Foto di Gian Mario Navillod.
Ru Djouan di Valsavarenche: il tubo di lamiera zincata e la copertura in pietra – Foto di Gian Mario Navillod.

Accesso

Dall’uscita autostradale di Aosta Ovest dirigersi verso Courmayeur lungo la statale 26. Dopo l’abitato di Villeneuve seguire le indicazione per Valsavarenche. Proseguire lungo la strada regionale 23 della Valsavarenche per cinque minuti altre il capoluogo (Dégioz), girare a destra seguendo le indicazioni per Eaux-Rousses (Acque Rosse) e parcheggiare dove finisce la strada comunale.
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Lunghezza itinerario A/R: 15 km
Quota partenza: 1681 m
Quota arrivo: 2516 m
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Dislivello 800 m circa
In bici: meglio di no.
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La copertura in pietra del Ru Djouan di Valsavarenche vicino all'opera di presa - Foto di Gian Mario Navillod.
La copertura in pietra del Ru Djouan di Valsavarenche vicino all’opera di presa – Foto di Gian Mario Navillod.

Descrizione

Seguendo le indicazioni dell’Altavia 2 si sale verso nord a monte del villaggio, appena entrati nella macchia di larici si vede sopra il sentiero una scala che sporge dal muro di sostegno in pietra: a una paio di spanne l’una dall’altra delle lastre di pietra escono dalla muratura per poche decine di centimetri, quanto bastava prima dell’invenzione delle leggi sulla sicurezza per spostarsi da un campo all’altro; generalmente con una mano si reggeva il carico e con l’altra ci si aggrappava al muro. Numerosi valdostani hanno raggiunto un’età avanzata sfidando la forza di gravità e l’assenza di mancorrenti.

Larice scolpito lungo il sentiero per la casa di caccia dell'Orvieille - Foto di Gian Mario Navillod.
Larice scolpito lungo il sentiero per la casa di caccia dell’Orvieille – Foto di Gian Mario Navillod.

Il sentiero nell’attraversare una fascia rocciosa presenta alcuni tratti esposti, si passa a fianco di una costruzione in cemento armato dell’acquedotto e si prosegue con pendenza costante fino a passare a monte delle rovine dell’alpeggio di Rondzegou.  Poco più in alto un larice schiantato dalla neve è stato scolpito e ricorda gli Ent, le mitiche creature pastori di alberi nate dalla fantasia dell’autore de Il Signore degli Anelli.

Aconitum variegatum lungo il sentiero per la casa di caccia dell'Orvieille - Foto di Gian Mario Navillod.
Aconitum variegatum lungo il sentiero per la casa di caccia dell’Orvieille – Foto di Gian Mario Navillod.

Nell’ombra del bosco si nasconde uno dei fiori più belli e più tossici del parco: l’Aconitum variegatum. Si attraversano i pascoli e dopo una breve salita tra gli ultimi larici si arriva nel pianoro dell’Orvieille, la casa di caccia preferita dal primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II.

Ex casa di caccia dell'Orvieille - Foto di Gian Mario Navillod.
Ex casa di caccia dell’Orvieille – Foto di Gian Mario Navillod.

Poco più avanti all’alpe Djouan è possibile comperare il formaggio d’alpeggio, i vecchi fabbricati rurali sono stati ristrutturati per  migliorare le condizioni di vita di pastori e sugli architravi delle finestre si legge ancora l’anno di costruzione delle due stalle: 1751 e 1897.

Ghiacciaio di Laveciäu sulla via normale al Gran Paradiso - Foto di Eric Navillod.
Ghiacciaio di Laveciäu sulla via normale al Gran Paradiso – Foto di Eric Navillod.

Sull’altro versante della valle scintillano i ghiacciai del Gran Paradiso, la vetta rocciosa sembra stretta in una morsa tra il ghiacciaio di Laveciau in primo piano e quello del Gran Paradiso più lontano.

Alpe Chauplanaz salendo verso il Ru Djouan di Valsavarenche - Foto di Gian Mario Navillod.
Alpe Chauplanaz salendo verso il Ru Djouan di Valsavarenche – Foto di Gian Mario Navillod.

I fabbricati intatti dell’Alpe Chauplanaz meritano una sosta. La vista è eccezionale e la quiete è profonda. Sui muri di pietra un velo di intonaco magro di calce copre a tratti le pietre posate con grande maestria più di un secolo fa. Sui tetti coperti di pietra i licheni colorati danno un tocco di allegria al tetto.

Achillea millefolium rosa nel Parco Nazionale del Gran Paradiso - Valsavarenche - Foto di Gian Mario Navillod.
Achillea millefolium rosa nel Parco Nazionale del Gran Paradiso – Valsavarenche – Foto di Gian Mario Navillod.

In primavera si attraversa una fioritura straordinaria di Pulsatilla alpina, in estate sono i fiori rosa dell’Achillea millefolium che attirano l’attenzione dei turisti. Un pendio ripido che precipita verso il fondovalle interrompe i pascoli, si vede in lontananza la sella del colle dell’Entrelor e subito sotto i dossi erbosi dietro ai quali si nascondono i laghi Djouan. In poche decine di minuti si raggiunge il lago inferiore che alimentava il Ru de Djouan.

Il primo tratto del ru attraversa la dolce conca erbosa che circonda il lago, attraversa la strada reale di caccia e prosegue in direzione dell’Alpe Tramouail tagliando il pendio che si fa sempre più ripido ed esposto. Gli escursionisti esperti e gli alpinisti possono percorrere interamente il vecchio tracciato, tutti gli altri sono invitati a tornare indietro non appena la prudenza lo consiglia.

Ru Djouan di Valsavarenche attraversamento della fascia rocciosa, primo tratto sospeso - Foto di Gian Mario Navillod.
Ru Djouan di Valsavarenche attraversamento della fascia rocciosa, primo tratto sospeso – Foto di Gian Mario Navillod.

Sospese sui dirupi fioriscono ciuffi di stelle alpine, alcuni pezzi di tubo  letteralmente appesi alla parete sono stati strappati dalle intemperie, si vedono ancora le barre di ferro piegate che li fissavano alla roccia e alcuni punti dove con lo scalpello si è cercato di rendere più sicuro il passaggio dell’acqua. Poi la pendenza diminuisce si rientra nei pascoli.

Architrave spezzato dell'Alpe Tramouail (Alpe Tramuto) sotto il Ru Djouan di Valsavarenche - Foto di Gian Mario Navillod.
Architrave spezzato dell’Alpe Tramouail (Alpe Tramuto) sotto il Ru Djouan di Valsavarenche – Foto di Gian Mario Navillod.

Dell’Alpe Tramouail rimangono in piedi i ruderi ed un piccolo locale datato 1914 con l’architrave spezzato. Poco più in basso si vede il casotto del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Chi lo desidera può proseguire ancora lungo l’alveo del ru abbandonato in direzione dell’Alpe Djouan su una traccia che diventa sempre più esile, oppure raggiungere il sentiero utilizzato per la salita che passa qualche centinaio di metri a valle del Casotto dei guardaparco.

Curiosità

Barba Vittorio, zio Vittorio, per i popolani, un po’ per affetto e un po’ per i numerosi figli illegittimi,  fu il secondo Re di Sardegna a portare quel nome. Diventato re d’Italia avrebbe potuto perdere l’ordinale e chiamarsi semplicemente Vittorio Emanuele, scelse invece di fare come il suo avo Vittorio Amedeo II Duca di Savoia che non cambiò nome né quando diventò Re di Sicilia nel 1713 né quando diventò Re di Sardegna nel 1720.

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