Ru di Cleva Bella

Tubazione in plastica del Ru di Cleva Bella di Chamois posata nel vecchio alveo (intervento reversibile) - Foto di Gian Mario Navillod del 2025.
Tubazione in plastica del Ru di Cleva Bella di Chamois posata nel vecchio alveo (intervento reversibile) – Foto di Gian Mario Navillod del 2025.

Il Ru di Cleva Bella è il ru che scorre più in alto nella valle del Cervino. Fino al 2023 scorreva ancora (quasi tutto) in alveo naturale.

La pista di cantiere per l'intubazione del Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2024 - Foto di Gian Mario Navillod.
La pista di cantiere per l’intubazione del Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2024 – Foto di Gian Mario Navillod.

Poi, nel 2024, una pista da cantiere ha raggiunto l’alpeggio e sono iniziati i lavori per intubarlo. È una soluzione che per gli allevatori presenta due grandi vantaggi: si riducono quasi del tutto gli interventi annuali di manutenzione (che in Valle d’Aosta si chiamano corvé) e si azzerano le perdite d’acqua per infiltrazione.

Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2022 (prima dei lavori di intubazione) - Foto di Gian Mario Navillod.
Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2022 (prima dei lavori di intubazione) – Foto di Gian Mario Navillod.

In compenso i turisti perdono il piacere di camminare accompagnati dal chiacchiericcio dell’acqua ma, visto che non si può rimpiangere ciò che non si conosce, di solito il progressivo interramento dei ru della Valle d’Aosta passa sotto silenzio e la buona pratica degli abitanti di Ayas che hanno imposto agli agricoltori di lasciare un filo d’acqua in alveo naturale per mantenere intatto il piacere di passeggiare lungo i ruscelli non ha il seguito che meriterebbe.

Dopo l’intervento rimangono quasi due chilometri di camminata  panoramica, sospesi sui ripidi pendii a monte di Chamois, l’unico comune delle Alpi dove si vive senza auto. L’avvicinamento è alla portata di tutte le persone in buona salute, sono circa 450 metri di dislivello che con gambe allenate si percorrono in poco più di un’ora di marcia. Le persone più riflessive devono mettere in preventivo un paio d’ore di avvicinamento, magari portando il pranzo al sacco da consumare sulle rive del lago, ascoltando i campanacci delle mucche o il silenzio dell’alta montagna.

Accesso

Dall’uscita autostradale di Châtillon-Saint-Vincent seguire le indicazioni per Cervinia e risalire la valle lungo la strada regionale 46. Subito dopo il villaggio di Buisson girare a destra e lasciare l’auto nel parcheggio della funivia Buisson-Chamois.

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Lunghezza itinerario: 10 km
Quota partenza: 1810 m
Quota arrivo: 2250 m
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Dislivello 450 m circa
In bici: meglio di no.
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Non è un bosco, è un tetto di Chamois - Foto di Gian Mario Navillod.
Non è un bosco, è un tetto di Chamois – Foto di Gian Mario Navillod.

Descrizione

Dalla stazione superiore delle funivia di Chamois ci si dirige verso il municipio poi si seguono le indicazioni per La Magdeleine fino a arrivare al torrente Chamois. Si attraversa il ponte, si lascia sulla destra il mulino e il magazzino dei formaggi che ha un curioso tetto sul quale crescono larici ed abeti e ci si avvia lungo la sterrata che sale lungo l’argine del torrente.

Sulla destra si incontra una cascatella che offre un’ottima scusa per fermarsi, fare una foto e riprendere un po’ di fiato se si è partiti con un ritmo troppo sostenuto. Poco più in alto si vede sulla sinistra un curioso edificio a pianta circolare: la cappella di Moulin di Crépin dove Emilio di Suisse sosteneva vi fosse del potere. Si prosegue lungo la pista che risale il corso del torrente, l’acqua scroscia impetuosa, soprattutto nella stagione del disgelo, il fresco delle goccioline che la brezza porta fin sulla strada rende meno faticoso il tratto più ripido dell’intera gita.

La sterrata per il Col Champlong a Chamois - Foto di Gian Mario Navillod.
La sterrata per il Col Champlong a Chamois – Foto di Gian Mario Navillod.

La pendenza diminuisce, il vallone si apre, e proprio di fronte a sé si vede una parete rocciosa biancastra che ad un occhio attento rivela la sua origine calcarea; alle sue spalle si trova la dolina di Cleva Bella.

Ci si dirige verso la parete, lasciando sulla destra la strada sterrata che sale verso i laghi di Champlong. Si passa davanti ad un piccolo edificio in cemento armato dove vengono intubate le sorgenti che alimentano le fontane di Chamois. Dal muro esce un tubo metallico in cui scorre acqua fresca e pulita.

Rovine del villaggio di Cleyva-Bella Clevabella di Chamois - Foto di Gian Mario Navillod.
Rovine del villaggio di Cleyva-Bella Clevabella di Chamois – Foto di Gian Mario Navillod.

Ci si avvia lungo il vecchio sentiero che sale tra i larici, si attraversa la fascia rocciosa e si entra in un bellissimo pianoro ondulato che invita a fermarsi e godersi l’infinita varietà di forme e colori dell’alta montagna. Se si osserva con attenzione si vedono delle pietre spuntare tra l’erba: non sono i muri diroccati di vecchi alpeggi e neppure pietre lasciate dal vecchio ghiacciaio. Gli archeologi si interrogano sulla loro origine e Francesco Corni ne ha disegnato una ricostruzione bellissima in cui immagina un piccolo villaggio dell’età del ferro con alcune case e i recinti per il bestiame. Il masso più alto ha una sella che inquadra perfettamente la cima che domina il pianoro: si chiama La Grand-Dent, è una montagna di modesto interesse alpinistico e non è raggiunta da alcun sentiero. Però si vede bene da Chamois e per questa ragione gli abitanti le hanno trovato un nome; senza fare un grande sforzo di fantasia, con il comune senso pratico che contraddistingue la toponomastica valdostana, è stata battezzata “Il Grosso Dente”.

La dolina di Cleva Bella di Chamois con sullo sfondo la Becca di Luseney - Foto di Gian Mario Navillod.
La dolina di Cleva Bella di Chamois con sullo sfondo la Becca di Luseney – Foto di Gian Mario Navillod.

In pochi minuti si arriva sull’orlo del gigantesco catino della dolina di Cleva Bella. Ha un diametro di circa mezzo chilometro ed è quanto resta di uno strato di roccia calcarea, la stessa che ha dato origine alle Cime Bianche e che è stata lentamente disciolta dalle acque del torrente di Nana. Sul fondo scintillano le acque poco profonde del lago dove i bimbi possono giocare con il fango senza grossi pericoli. Con alcuni dolci saliscendi il sentiero raggiunge i ruderi dell’alpeggio dov’è nascosto un geocache  alle sue spalle scorre il Ru.

Il Ru com’era

La presa del ru di Cleva Bella - Foto di Gian Mario Navillod.
La presa del ru di Cleva Bella prima dei lavori – Foto di Gian Mario Navillod.

A pochi metri dal Torrente di Nana il ru scorreva sotto un tetto di roccia alto alcune spanne. La derivazione era fatta di sassi e zolle di terra, niente cemento, nessuna griglia metallica. Ogni anno all’inizio dell’estate i pastori salivano a spostare zolle e sassi, immettevano l’acqua nel ru per poi per toglierla a fine stagione quando i prati non hanno più bisogno di essere irrigati.

L'éterpa, un attrezzo nato da uno strano incrocio tra un'accetta e una zappa inventato per la manutenzione dei ru - Foto di Gian Mario Navillod.
L’éterpa, un attrezzo nato da uno strano incrocio tra un’accetta e una zappa inventato per la manutenzione dei ru – Foto di Gian Mario Navillod.

Ogni anno con la vanga e uno strumento apposito, l’éterpa, nata dall’unione di una zappa con un’accetta, si riparavano i bordi del piccolo canale e si toglieva dal letto sabbia e ghiaia che andavano a rinforzare l’argine a valle.

Passerella sul Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2022 (prima dei lavori di intubazione) - Foto di Gian Mario Navillod.
Passerella sul Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2022 (prima dei lavori di intubazione) – Foto di Gian Mario Navillod.

Partecipare a questo rito di cura della terra che anno dopo anno generazioni di valligiani hanno ripetuto con tenacia è una delle grandi emozioni da provare almeno una volta nella vita. Sarebbe un regalo generoso permettere ai turisti  di seguire il flusso dell’acqua che a inizio stagione percorre per la prima volta il ru. In luoghi così belli, lontano da strade, motori e rumore.

Attraversamento del Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2025 (dopo i lavori di intubazione) - Foto di Gian Mario Navillod.
Attraversamento del Ru di Cleva Bella di Chamois nel 2025 (dopo i lavori di intubazione) – Foto di Gian Mario Navillod.

Il ru com’è

Ora la presa sul Torrente di Nana è in cemento, lo scarico in PVC arancione, e l’acqua del ru scorre nascosta sotto terra o in un tubo di plastica.

Fortunatamente non tutto il vecchio alveo è stato distrutto, nella parte finale del Ru de Cleva Bella l’acqua scorre in un tubo di plastica semplicemente posato in terra, tra i vecchi argini. Si tratta di un  intervento più economico rispetto allo scavo e all’interro del tubo e, soprattutto, è reversibile. Se un domani si scegliesse di seguire l’esempio degli abitanti di Ayas sarà facile togliere la plastica e restaurare il vecchio alveo.

Il ru di Cleva Bella e la Becca di Luseney - Foto di Gian Mario Navillod.
Il ru di Cleva Bella e la Becca di Luseney prima del 2024 – Foto di Gian Mario Navillod.

Il ru segue fedelmente le curve di livello con una pendenza molto bassa. In alcuni tratti sembra dirigersi verso la piramide regolare della Becca di Luseney, una cima di oltre 3500 metri ai piedi della quale è stato costruito il bivacco che ospita le opere dell’artista olandese Arjen Bakermans. A duecento metri dall’Alpe Glavin il ru scompare inghiottito da due tubi e ricompare sotto l’alpeggio, ci gira intorno in una canaletta di cemento e poi si perde vicino alla vecchia vasca irrigua scavata nella terra, un piccolo muro in pietra ne sostiene l’argine a valle.

Chi non è turbato dagli sbancamenti delle piste da sci e dalle vivaci reti di plastica di protezione può scendere lungo la pista di discesa che porta al Lago di Lod. A chi preferisce camminare in luoghi meno antropizzati consiglio di scendere subito a sinistra seguendo la sterrata di servizio che porta al torrente Chamois.

Il guado sul torrente Chamois - Foto di Gian Mario Navillod.
Il guado sul torrente Chamois – Foto di Gian Mario Navillod.

Arrivati sotto l’Alpe Foresus, dopo trecento metri di discesa lungo la strada percorsa all’andata, si vede sulla sinistra un guado vicinissimo ad un fabbricato in cemento armato. Se le condizioni lo consentono è l’itinerario di rientro consigliato: si attraversano alcuni pascoli, poi si entra in una macchia di larici che custodisce un fungo gigantesco scolpito in un ceppo e un vecchio fabbricato diroccato; nell’ombra del bosco si attraversa una zona umida e si rientra poi sulla sterrata a pochi passi dalla cascatella incontrata all’andata. Si prosegue fino al ponte in legno lamellare in vista del paese e in un quarto d’ora si raggiunge la funivia.

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Post del 20.10.2018 – ultimo aggiornamento 10.11.2025