Vens è un villaggio sulla collina di Saint-Nicolas, ci si arriva in percorrendo una strada asfaltata che finisce poco oltre il villaggio. È un luogo di pace che merita di essere visitato almeno una volta nella vita, lontano dai rumori del traffico che scorre a fondovalle e di fronte alla Grivola, una montagna alta 3969, che per soli 31 metri non rientra nell’elenco dei 4000 delle Alpi. A fianco della chiesetta un piccolo bar-ristorante di paese resiste coraggiosamente allo spopolamento della montagna, vi si trova dell’ottimo Majolet, un vitigno locale che il Feudo di San Maurizio coltiva vicino al castello di Sarre.
Dell’alveo originale del ru rimane un breve tratto a ponente del villaggio, è abbandonato da anni, si fa fatica persino a vederlo nascosto com’è tra l’erba alta ed i cespugli. Fortunatamente a pochi metri di distanza passa la Via Alpina, l’itinerario escursionistico che collega Trieste al Principato di Monaco attraversando tutte le Alpi, un sentiero di difficoltà modesta e sempre tenuto in ordine.
Tutto il resto del ru scorre intubato sotto la vecchia pista che negli anni si è trasformata in un largo sentiero sul quale è bello pedalare. Nel primo tratto lungo poco più un chilometro consiglio di scendere dalla bici perché il sentiero è stretto e in parte esposto sulla forra del torrente Vertosan, in compenso non appena si entra nel bosco cessa ogni difficoltà.
Accesso
Dall’uscita autostradale di Aosta Est seguire la statale 26 in direzione Courmayeur fino Saint-Pierre. Girare a destra e percorre la regionale 22 per Saint-Nicolas fino a raggiungere il capoluogo, seguire poi le indicazioni per Clavel e Vens fino a grande parcheggio nei pressi della chiesetta di Vens.
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Lunghezza itinerario: 5.5 km
Quota partenza: 1737 m
Quota arrivo: 1800 m circa
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Dislivello 70 m circa
In bici: si può fare.
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Descrizione
Lasciata l’auto nell’ampio parcheggio di Vens è possibile proseguire lungo la strada asfaltata per 60 metri e poi percorrere la strada sterrata che attraversa i pascoli a monte del villaggio. Consiglio però di passare nel centro storico per vedere le vecchie case con i loro grandi tetti che sporgono a coprire i balconi, un tipo di copertura inusuale in Valle d’Aosta. I fiori alle finestre ed i gatti curiosi osservano curiosi i passi dei rari escursionisti. All’uscita del villaggio una grande terrazza raccoglie le chiacchiere rilassate dei villeggianti che profittano del calore del sole e della vista sui ghiacciai per lasciare scorrere il tempo. Con una piccola salita si arriva alla strada sterrata che subito dopo, all’altezza della palina segnaletica con il logo della Via Alpina, confluisce in uno stretto sentiero.
Si attraversano i vecchi campi abbandonati che sono diventati in pascoli. L’esposizione a sud e il clima xerico favorivano le coltivazioni di cereali ormai abbandonate da tempo.
A monte del sentiero una panchina da picnic invita ad un attimo di sosta. Qui è possibile abbracciare con un solo sguardo la Becca di Nona e il Monte Emilius, la chiesa di Saint-Nicolas e Chatel-Argent.
Nei pascoli sotto il sentiero si intravede l’alveo abbandonato del ru: un breve tratto è bordato dall’olivello spinoso, un altro scorreva tra spallette sottili di cemento, il terzo è ancora in alveo naturale sostenuto da un muro in pietra secco abbarbicato alla roccia.
Il sentiero fa una curva e passa a valle del ru, un filare di grandi larici è cresciuto ai lati dell’alveo. In gioventù gli alberi hanno succhiato il fresco dell’acqua che gli uomini hanno portato fin lì dal torrente Vertosan e nella loro maturità restituiscono il favore agli escursionisti con la leggera ombra dei loro rami.
All’entrata del vallone si comincia a sentire il rombo del torrente che scorre nel fondovalle. Il pendio diventa sempre più scosceso, si superano due passerelle in legno e una panchina dove è possibile fermarsi ad osservare il panorama poi inizia il tratto franoso lungo il quale non è prudente indugiare.
In terra si vede il vecchio tracciato del ru coperto dal cemento, la parete rocciosa che incombe non è per nulla rassicurante e le fratture della roccia consigliano di non fermarsi oltre il necessario. Negli anni è stato investito molto denaro per rendere più sicuro questo tratto: una comoda passerella in legno lunga una ventina di metri attraversa un tratto franoso, una grande rete paramassi blocca i detriti che scendono da un ripido valloncello, due brevi scale dai gradini in pietra sono state costruite sotto le pareti rocciose strapiombanti.
Sotto il sentiero si vedono trovano ancora dei brevi tratti di muri a secco che sostenevano il ru. Superata la fascia rocciosa si entra nel bosco di abeti. Un abete rosso schiantato dalla neve è stato tagliato per permettere il passaggio dei turisti, il tronco ha una sessantina di centimetri di diametro che corrispondono ad una vita lunga più di un secolo.
Si prosegue lungo la pista, si lascia sulla destra il sentiero che sale al Col di Joux e all’inizio dei pascoli, sotto un dosso roccioso lisciato dai ghiacciai si vede un rudere: la porta d’ingresso si apriva verso l’alta valle e una finestra di cui si nota l’architrave in legno di larice guardava verso il ru.
All’uscita del bosco il morbido strato di aghi delle conifere lascia il posto all’erba dei pascoli che ha completamente ricoperto la sterrata: è un piacere camminare o pedalare su un tappeto verde che sembra curato da un giardiniere. Solo in alcuni brevi tratti le acque non controllate di alcuni ruscelli hanno trasformato la pista in un’area umida piena di fango. I pantani si susseguono, nessun problema per chi indossa gli scarponi, qualche rischio di bagnarsi i piedi per chi indossa le scarpette basse. Da quando gli agricoltori utilizzano la sterrata tracciata poco più in alto è venuta a mancare la manutenzione sulla vecchia pista del ru de Vens e il transito dei bovini sul terreno intriso d’acqua non ne migliora la percorribilità.
Fortunatamente quando si esce dall’area umida la pista è completamente inerbita e la si distingue a fatica dai pascoli circostanti. Unico indizio ogni tanto le botole che danno accesso alle valvole di distribuzione dell’acqua del ru. Avvicinandosi all’alveo del torrente la pista si stringe riducendosi ad un sentiero stretto bordato da ontani, sull’altro lato del vallone di vede la presa di un altro ru. Si prosegue lungo il sentiero che si immette sulla sterrata; dopo circa 300 metri si raggiunge la presa che si trova in corrispondenza di due briglie sul torrente Vertosan, pochi metri a valle del ponte che porta al villaggio di Breuil.
Curiosità
L’abbé Henry1 scrive che grivola è una parola in patois che significa ragazza, vergine, in tedesco Jungfrau; nel dizionario di Cerlogne compare la voce grivolina, sostantivo femminile: chi si atteggia a bella ragazza, civettuola.
Dal tabellone posto all’inizio dell’itinerario lungo il Ru de Vens si apprende che venne utilizzato fino alla fine degli anni ’70 del millenovecento e che: “in località Tzandillièn, dei solchi incisi su una roccia indicavano la portata e il guardiano di conseguenza poteva recarsi in località Gran Combe, [grande valle in italiano NdR] dove da una paratoia lignea tarata poteva aumentare o diminuire la quantità d’acqua nel ruscello“, la portata era di 90 litri al secondo corrispondente a due meité [due metà], l’acqua era immessa nel ru verso metà maggio e vi scorreva fino a San Grato, il 6 settembre. Nel mese di ottobre l’acqua veniva immessa nel ru esclusivamente per alimentare il mulino di Vens.
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Post del 31.08.2018 ultimo aggiornamento 21.11.2021
- Joseph-Marie Henry, Histoire populaire, religieuse et civile de la Vallée d’Aoste, Société éditrice valdôtaine (Imprimerie catholique), Aosta, 1929 pag. 370, versione digitale disponibile qui[↩]