Introduzione.
Per permettere il passaggio della condotta forzata dove scorre il Ru Courtaud sono state scavate 14 gallerie tra le due centraline idroelettriche che sfruttano il dislivello tra l’opera di presa e il Col di Joux.
Le gallerie più lunghe hanno delle aperture che permettono una fioca illuminazione; chi non è a proprio agio nel buio può utilizzare la torcia dello smart phone oppure in alcuni tratti passare all’esterno. Costose opere di messa in sicurezza hanno interessato questa porzione del Ru Coutaud che può essere percorso sia a piedi che in bici. Rimane tuttavia un rischio residuo legato alla caduta massi e alla caduta valanghe.
Accesso
Dall’uscita autostradale di Châtillon-Saint-Vincent prendere a destra seguendo le indicazione per Saint-Vincent centro e subito prima del Grand Hôtel Billia girare a sinistra seguendo le indicazioni per il Colle di Joux. Proseguire per una ventina di minuti sulla S.R. del Col di Joux e lasciare l’auto nell’ampio parcheggio sterrato che si trova 50 metri dopo il colle.
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Andata: 1h30
Lunghezza (solo andata): 6 km circa
Quota partenza: 1635 m circa (Parcheggio Col di Joux)
Quota arrivo: 1878 m circa (fine sterrata)
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Dislivello: 250 m circa
In bici: consigliato.
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Descrizione
Dal Colle di Joux si imbocca la ripida sterrata che sale in una bella foresta di abeti rossi. È uno dei pochi tratti dove si vede scorrere il Ru Courtaud ancora in alveo naturale. Il chiacchiericcio dell’acqua che scende a cascatelle mette allegria e fa da bordone al cinguettio degli uccelli nascosti tra i rami degli abeti.
Davanti alla centralina idroelettrica del Col di Joux è stata posta una targa in occasione dei 600 anni passati dalla prima infeudazione del ru. In questo punto le acque vengono ripartite: 5/7 della portata scendono verso Saint-Vincent, il resto irriga i terreni di Emarèse e Challand-Saint-Anselme.
Vicino al Colle il bosco ha coperto interamente il dolce pendio che scende verso valle. Quando ci si allontana dalla sella i fianchi della valle diventano più scoscesi. Ai piedi della prima parete rocciosa si trova un ponticello in cemento con un originale parapetto in Cor-Ten, la lega di acciaio brevettata nel 1933 che resiste alla ruggine grazie ad una patina di colore marroncino che si forma in superficie.
Subito dopo si arriva al belvedere sull’abitato di Brusson e sul laghetto di Brusson, uno sbarramento idroelettrico che dal 1928 deriva dal Torrente Evançon fino a 8 metri cubi d’acqua al secondo per alimentare la centrale idroelettrica di Isollaz costruita 600 metri più in basso.
Si prosegue in piano, si lascia sulla destra il sentiero che scende a Extrapieraz, poi la vegetazione cambia: si incontrano le prime latifoglie: salici e sorbi degli uccellatori. Il muschio forma un tappeto soffice sotto gli alberi.
Si arriva alla prima delle 16 gallerie costruite per mettere in sicurezza il tracciato del ru. Le valanghe e la caduta di massi danneggiava il ru e ogni anno al disgelo occorreva procedere alle riparazioni. Per questo motivo ora l’acqua scorre in un tubo d’acciaio interrato sotto la pista di servizio.
All’esterno è stata ricostruita la canaletta in legno di larice larga mezzo metro e alta due spanne nel quale scorreva l’acqua, le fessure che si aprivano tra le tavole veniva tappate ad inizio stagione con del muschio pressato che dilatandosi a contatto con l’acqua azzerava quasi del tutto le perdite.
Sotto la strada si vedono i tronchi slanciati degli abeti rossi che fanno a gara per contendersi i raggi del sole.
All’uscita della seconda galleria sulla destra è ancora visibile una canaletta originale del Ru Coutaud, le tavole sono spesse tre dita, sulla sinistra si vede un tratto del muro di sostegno che sembra aderire alla roccia magicamente tanto sono piccoli i sassi che hanno usato i muratori per iniziare la costruzione.
Dalla terza galleria inizia un pezzo di sentiero panoramico che percorre l’antico tracciato. La parte a valle è stata messa in sicurezza da una ringhiera in cavi d’acciaio. Un ponticello in acciaio e legno permette di godere di una veduta straordinaria: a valle Brusson con il suo laghetto azzurro, sulla sinistra i valli parafrane coperti d’erba e in basso i getti dell’irrigazione a pioggia che disegnano arabeschi sui prati verdissimi.
Sotto il ponticello si vede un arco in pietra che regge l’antico muro, in lontananza si vede spuntare dai ghiacciai la punta inconfondibile del Polluce, 4091 di quota.
Si attraversa una pietraia dove ai primi freddi i larici cominciano a cambiare colore virando dal verde verde pallido al giallo brillante, in alto spicca isolato un pino cembro, subito dopo i ghiacciai del Monte Rosa scintillano in fondo alla valle.
La quarta e la quinta galleria possono essere bypassate seguendo il sentiero esterno di difficoltà escursionistica che segue il vecchio alveo.
All’uscita della sesta galleria se si prende a sinistra si trova ancora una tratto in alveo naturale abbandonato lungo una dozzina di metri sostenuto a valle da un muro in pietra che sembra altrettanto alto.
La galleria numero 7 è lunga 137 metri, se si prende a destra si cammina su un ripido tratto dell’antico ru, quella successiva supera i cento metri di lunghezza. Tra le due un passaggio stretto permette di raggiungere un altro punto panoramico, si tratta di un taglio naturale alto una paio di metri per sessanta centimetri di larghezza che ha separato una fetta di roccia dalla parete della valle. Per circa 600 anni le acque del ru sono passate di qui. A valle si vedono alcuni pini cembri, sporgendosi ci si rende conto di quanto era alto il muro di sostegno in questo punto.
La galleria n. 9 si apre ai piedi di parete rocciosa imponente, in alcuni tratti strapiombante. Incastrata nel soffitto si vede ancora una punta di ferro utilizzata per bucare la roccia che porta un nome tecnico curioso: è un fioretto. Alcuni pezzi di legno infissi nel soffitto servivano a reggere l’impianto di illuminazione.
Prima della galleria numero dieci lunga 207 metri si trova la scala che scende sulla destra e da accesso al passaggio esterno quotato EE, a metà galleria un buco di un paio di metri quadri ne illumina fiocamente l’interno.
All’uscita della galleria 11 si nota che la percentuale di pini cembri aumenta. Anche la galleria 12 può essere bypassata seguendo il vecchio alveo; in corrispondenza dell’apertura che illumina l’interno si comprende per quale motivo il sentiero esterno è stato classificato per escursionisti esperti: a destra si vede l’arrivo del normalissimo sentiero, a sinistra alcuni gradini in metallo ed una corda permettono si superare in tutta sicurezza una piccola placca.
Segue un tratto di sterrata dalla pendenza più sostenuto, la pioggia ha dilavato terriccio e ghiaia portando allo scoperto un tratto della tubatura metallica interrata sotto la ciclabile. In basso a destra si nota una tratto di alveo originale abbandonato sostenuto da muri a secco. In alto il Polluce si fa sempre più vicino.
Dopo le due ultime gallerie la pista si interrompe, una panchina permette di riprendere fiato ascoltando il rombo dell’acqua all’interno della condotta forzata che esce dalla centrale idroelettrica torre piezometrica.
È tempo di girare la bici e tornare indietro o di caricarsela in spalla e superare una cinquantina di metri di dislivello su di un sentiero abbastanza ripido e non sempre in buone condizioni; di tanto in tanto una valanga scende dalle pendici dello Zerbion, sradica qualche albero e spazza via il sentiero.
Curiosità
Sullo sfruttamento idroelettrico del ru Courtaud si trovano alcuni dati interessanti a questo indirizzo.
Post del 31.03.2020 ultimo aggiornamento 15.10.2024