Il Ru de Champlong è diventato una bella ciclabile panoramica che ha alle estremità due mulini abbandonati ed un ponte canale modernissimo. Si può evitare la ripida salita di accesso al ru (che è lunga solo un cinquantina di metri) partendo da Chevrère.
Accesso
Dall’uscita autostradale di Aosta Ovest seguire le indicazioni per Cogne, al tornante sotto la chiesa di Saint Léger prendere a destra per Villeneuve e subito dopo il vivaio girare a sinistra seguendo le indicazioni per Champagnole e Champleval. Lasciare l’auto nel parcheggio di Champleval Dessus (Champleval di Sopra).
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Solo andata: 1h25
Lunghezza itinerario: 5.6 km
Quota partenza: 1040 m circa
Quota arrivo: 1122 m
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Dislivello: 80 m circa
In bici: consigliato
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Descrizione
Dal parcheggio di Champleval si prosegue lungo la strada asfaltata che attraversa il villaggio poi seguendo le indicazione del segnavia 1 si affronta la brevissima ma ripida salita sulla pista coperta d’erba che porta al Ru de Champlong. All’uscita del villaggio si nota una casa isolata sulla sinistra, è il vecchio mulino ad acqua, all’esterno si vede la vecchia ruota ad asse orizzontale che muoveva la macina, all’interno il macchinario mosso da un motore elettrico usato negli ultimi anni per macinare le granaglie.
A sinistra il ru prosegue in alveo naturale per alcune decine di metri poi scende all’interno del vallone. A destra inizia la sterrata che porta fino al villaggio di Chevrère seguendo la condutture in pressione in cui scorre il ru. Il panorama è suggestivo: si vede tutta la piana di Aosta e dall’altra parte della valle le file regolari dei nuovi vigneti esposti a sud. Si distingue sulla destra la Côte de Gargantua, una riserva naturale istituita su quanto rimane di una antica morena e il castello di Aymavilles, riconoscibile dalle quattro torri rotonde che risalgono al basso medioevo unite dalle facciate settecentesche con un risultato che è si fa fatica a definire felice dal punto di vista estetico.
Si attraversano su di un ponte in cemento armato le condotte forzate della centrale di Chavonne che raccolgono le acque dei torrenti Grand-Eyvia e Savara, in fondo alla valle, si vede la parrocchiale di Saint-Pierre che ha alle spalle il castello omonimo arroccato su di uno sperone roccioso. Sul bordo della Dora Baltea, sospeso sulla burrone scavato dal fiume, si vede il castello Sarriod de la Tour che conserva delle mensoline lignee quattrocentesche di straordinario interesse.
Lungo la pista si alternano boschi misti di conifere e latifoglie a pietraie coperte di muschio dove cresce il Polypodium vulgare una piccola felce dalle radici che sanno di liquirizia.
All’incrocio con la sterrata che porta alla partenza delle condotte forzate si vede la Becca del Merlo o Becca di Chamin, una montagna che sfiora i tremila metri e separa la valle di Rhêmes dalla Valgrisenche. Su di un masso un garbato avviso rammenta che la salita a Petit-Pignon è particolarmente impegnativa con queste parole: “Mo so cazzi tua” [Sic].
Nel grande edificio di distribuzione idraulica di vedono le paratoie telecomandate ed il grande filtro a tamburo dalle maglie finissime. Sul fondovalle di distingue bene la chiesa di Introd che ha la guglia dal campanile particolarmente aguzza, a sinistra il castello e ancora più a sinistra la Ola, una costruzione quattrocentesca caratterizzata da grandi colonne rotonde in pietra che sostengono la parte in legno. A lato della pista un cervo ha assaggiato la corteccia di un frassino lasciando delle tracce ben visibili.
Entrando nella Valsavarenche il clima si fa più secco, lo rivela la maggiore diffusione del pino silvestre al quale si aggiunge qualche rara betulla e dei larici.
L’acqua del ru torna i superficie per pochi metri all’interno di una vasca. Sopra la pista si vedono file orizzontali di giovani alberi, per dare del lavoro ai disoccupati un tempo li si impiegava nei cantieri di rimboschimento, un lavoro forse non eccessivamente produttivo ma senz’altro più dignitoso di un sussidio di disoccupazione. Si sale lungo la valle con una pendenza quasi impercettibile, si vede sull’altro versante la strada regionale che corre più o meno alla stessa altezza e i grandi tralicci dell’elettrodotto del Superphenix che la attraversano. In lontananza scintillano i ghiacciai del Monte Bianco.
Dopo l’incrocio con il Cammino Balteo se si guarda con attenzione sopra la strada tra i campi abbandonati si nota una nicchia ricavata in un muro di sostegno in pietra larga larga quasi due metri. Alla sua sinistra una scala in pietra a sbalzo permetteva di superare il muro alto un paio di metri.
Ci si immette sulla strada asfaltata di Chevrère, un villaggio aggrappato ai fianchi della valle dove vive un simpatico signore che ricorda la Signora di Champleval. Si prosegue sull’asfalto fino a ritrovare la pista sterrata dall’altra parte dell’abitato, poi si entra nel bosco umido. Nell’ombra fitta di aceri di monte e tigli un cartello segnala il confine del Parco Nazionale del Gran Paradiso, si prende a destra e in pochi minuti di cammino si raggiunge il bellissimo ponte acquedotto che attraversa l’orrido del Torrente Savara.
L’alveo abbandonato del ru prosegue tra alberi abbattuti e piccole frane. È prudente ripercorrere i propri passi e fare una piccola deviazione per visitare il mulino abbandonato di Chevrère. Alcuni buchi del tetto hanno lasciato entrare l’acqua che ha danneggiato le parti lignee. La macina superiore datata 1905 è ancora in buone condizioni. Ha un diametro di 80 centimetri circa ed uno spessore di 15. I cristalli rossi e la matrice così tenera che è possibile scalfirla con un’unghia, fanno pensare alle cave di macine della Valmeriana o a quelle di Saint-Marcel.
Curiosità
Il notaio Chanoux ha dedicato al Ru de Champlong la sua prima allocuzione come membro dell’Académie de Saint-Anselme nella quale descrive un masso chiamato Tribunale del Ru dove veniva deciso chi e a quale prezzo avrebbe gestito i lavori di manutenzione del piccolo canale.