
Ho messo alle prova le mie ginocchia scendendo le Seingles, la vecchia mulattiera che si usava prima della funivia per salire a Chamois.
Le ginocchia hanno retto e, come mi succede abbastanza spesso da quando osservo il paesaggio più del cronometro, ho scoperto qualcosa di nuovo vicino alla mulattiera: un cespuglio quasi due metri, con dei fiori rosa e profumati. In italiano il suo nome è Fior di stecco perché sui suoi rami i fiori nascono prima delle foglie. Il nome scientifico è Daphne mezereum, gli esemplari di Chamois hanno raggiunto dimensioni inconsuete, già segnalate sul portale della Société de la Flore Valdôtaine. Tutta la pianta è velenosa, soprattutto le bacche. Ne basta una decina per provocare la morte di un bambino.
Ai piedi della bella cascata formata dal torrente Chamois ho trovato ancora un po’ di neve e ghiaccio, poco più a valle l’acqua scompare inghiottita nel canale sotterraneo che alimenta la centrale di Covalou. Sono quasi cento anni che l’acqua del Cervino scorre sottoterra per produrre energia elettrica. Il paesaggio è cambiato. Alcuni pensano che sia cambiato in peggio e vedrebbero volentieri il torrente gonfio delle acque di fusione come l’hanno descritto i viaggiatori inglesi del XIX secolo, altri pensano che sia cambiato in meglio e apprezzano i laghi azzurri e blu che gli ingegneri idraulici hanno fatto costruire quasi un secolo fa. Tutti però sono concordi nel ritenere comodissimo l’asciugacapelli alimentato dall’energia idroelettrica.
A metà della fatica ho trovato alla barma (il nome che si dà in Valle d’Aosta alla roccia che fornisce riparo) delle belle vie d’arrampicata, poi l’oratorio dedicato a Nôtre Dame des Voyageurs e un tratto di roccia che sembra tagliato dalla spada di un gigante, nell’attraversarlo sento ogni volta una sensazione curiosa, sembra di camminare tra le pagine di un romanzo fantasy.
Non tutti sanno che tra il villaggio di Nuarsaz e l’oratorio si nasconde una piccola galleria utilizzata per scavare il canale che alimenta la centrale di Covalou. Dietro al muro in cemento armato si sente scorrere l’acqua, una decina di metri cubi al secondo. Da quasi un secolo fa girare le turbine al posto del petrolio ed è uno dei tanti segreti gelosamente custoditi nella valle del Cervino che passano da bocca di guida a orecchio di turista.