Ru du Bourg di Châtillon

Opera di presa del Ru du Bourg sul torrente Marmore - Foto di Gian Mario Navillod.
Opera di presa del Ru du Bourg sul torrente Marmore – Foto di Gian Mario Navillod.

Il Ru du Bourg (o della Bourgeoisie) è stato un motore importante per lo sviluppo industriale di Châtillon, le sue acque hanno fornito energia per mulini, fucine e filature fino a tempi relativamente recenti. Alimentati dal Ru du Bourg e nascosti nel centro storico di Châtillon vi sono ancora due opifici dove sembra che il tempo si sia cristallizzato: la fucina Torreano e il Lanificio Guglielminetti. Sono di proprietà privata ed è possibile vistarli solo in occasioni speciali. Quasi tutto l’alveo del ru è stato intubato e scorre a fianco di una sterrata che alterna numerosi tratti in piano ad alcuni tratti in leggera discesa.

Accesso

Dall’uscita autostradale di Châtillon-Saint-Vincent seguire le indicazioni per Cervinia e risalire la valle lungo la strada regionale 46. Subito dopo il villaggio di Champlong girare a destra sulla piccola strada asfaltata e parcheggiare prima del ponte.
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Lunghezza itinerario:  1.4 km
Quota partenza: 676 m
Quota arrivo: 635 m circa
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Dislivello 40 m circa
In bici: si può fare.
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Descrizione

Dal ponte a schiena d’asino sul torrente Marmore guardando verso monte si vede in lontananza la chiesa parrocchiale di Torgnon. La montagna arrotondata sulla verticale del campanile è l’antecima del Mont Meabé, alla sua destra si trova la cima vera e propria, di difficoltà alpinistica. È una vetta che non ha nessun interesse alpinistico, salita da pochi amatori.

Euplagia quadripunctaria su infiorescenza di Buddleja davidii - Foto di Gian Mario Navillod.
Euplagia quadripunctaria su infiorescenza di Buddleja davidii – Foto di Gian Mario Navillod.

Subito dopo il ponte si prende a destra seguendo la sterrata che scende lungo il torrente in leggera pendenza. Lungo l’argine prosperano due specie invasive: il poligono del Giappone (Reynoutria japonica) che con una vistosa fioritura autunnale aiuta le api a nutrirsi alla fine della bella stagione e l’albero delle farfalle (Buddleja davidii) dai vistosi fiori color porpora.

I minuscoli fiori della Reynoutria japonica - Foto di Gian Mario Navillod.
I minuscoli fiori della Reynoutria japonica – Foto di Gian Mario Navillod.

Nei pascoli abbandonati prosperano piccole macchie di frassini coetanei dai tronchi esili e stretti gli uni agli altri. Lungo l’argine salici e pioppi tremuli faticano a reggere l’esuberanza della vitalba (Clematis vitalba) una pianta rampicante dal fusto cavo. Un tempo i giovani fusti era usati come sigarette dai ragazzi. Sui bordi della strada si osserva un intreccio inestricabile di rovi e vitalba che forma una barriera insormontabile.

All’altezza della fornace abbandonata, dove tra i ruderi spicca l’alta torre cilindrica usata un tempo per cuocere il calcare, si trova l’opera di presa del ru. Le acque percorrono sotto il sole ancora poche decine di metri in un canale  e poi scompaiono sotto la strada inghiottite da una conduttura in cemento.

Lungo la strada ad intervalli regolari si sente il gorgoglio dell’acqua salire dai pozzetti di ispezione. In autunno alcuni noci ed alcuni castagni lasciano cadere i loro frutti sulla sterrata, sul finire dell’estate sull’argine del ru maturano le more di rovo.

All’improvviso il piccolo canale rientra nell’alveo naturale a monte della strada. Scende a cascatelle tra alcuni grossi sassi in parte coperti dall’edera; è parzialmente nascosto dalla vegetazione e un sacco di farfalle si posano sui fiori che colorano le sue sponde. La corrente rallenta, le sponde  del ru si allargano come per aspirare un’ultima boccata di aria fresca prima di tornare sottoterra e scomparire alla vista.

La passeggiata è quasi finita: si prosegue fino a raggiungere la strada asfaltata di Conoz e poi è tempo di ripercorrere i propri passi.

Curiosità

Nel 1874 il Ru du Bourg (o della Bourgeoisie) forniva energia a 13 ruote da mulino, 1 pila1, dei ventilatori idraulici e un numero consistente di magli usati nella lavorazione del ferro.2

Il poligono del Giappone (Reynoutria japonica) è considerata in Italia una pianta invasiva esotica. Si diffonde in Italia tramite i rizomi che si spingono fino a 7 metri dal fusto e a tre metri di profondità. La commissione svizzera per la conservazione delle piante selvatiche consiglia, per limitarne la diffusione, di effettuare un taglio mensile delle parti aeree di durata non inferiore a 5 anni  oppure il pascolo ovi-caprino di durata non inferiore a 10 anni.

In alternativa, visto che è una specie commestibile, è possibile limitarne la diffusione cucinando la parte aerea: i germogli alti un paio di cm si possono far saltare in padella come i funghi; se si aspetta che crescano almeno 10 cm si posso cucinare come gli asparagi; i grandi fusti tagliati a tocchi con un coltello ben affilato possono essere farciti come i cannelloni.

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  1. la macina con la quale si schiacciavano le noci per ricavarne l’olio[]
  2. Maria Vassallo, Cesare Dujany, Maria Beatrice Feder, Miriana Pession, Enrico Formica, Châtillon petite ville industrielle,  Herver edizioni, Ivrea, 2010, pag. 38[]